Riprendo su internet (https://sicurezzabimbo.it/) quanto scritto da un importante educatore e psicoterapeuta dell’età evolutiva, Alberto Pellai:
Personalmente penso che la privacy di un 13enne è quella che gli dà l’autorizzazione a chiudersi in bagno oppure quando scrivono un diario, bisogna rispettare questa volontà.
Con i cellulari no, perché la privacy quando si è on line non esiste
“nella vita on line, i figli sono esposti a relazioni e contatti che possono essere infiniti e senza limiti. E anche potenzialmente pericolosi e inadeguati rispetto alle loro competenze e capacità di gestione. Se in un gruppo WhatsApp ci sono decine di persone, se un profilo Facebook ha centinaia di contatti, noi stiamo parlando di qualcosa che è tutto tranne che privato. E che espone un minorenne a rischi e problemi che non sempre è in grado di prevenire, gestire e controllare”.
Come devono comportarsi allora i genitori? Controllare esattamente come farebbero se il loro figlio uscisse con amici. Anche on line è la stessa cosa: dobbiamo controllare.
“Lo facciamo non per ledere la sua privacy, ma per sincerarci che tutto ciò a cui andrà incontro non lo esponga a rischi e pericoli. La stessa regola deve valere anche per le loro esplorazioni nella vita on line” afferma l’esperto.
Un genitore può allora stringere un patto con il proprio figlio e dirgli: “Io devo sapere la tua password e qualche volta entro nei tuoi social con te. Non ti spierò, ma come adulto, genitore e titolare del tuo numero di cellulare (gli abbonamenti dei nostri figli sono intestati a noi) voglio avere una supervisione di ciò che succede nei social. Fino a che non saremo certi che avrai imparato tutte le regole per stare on line con sicurezza”.